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La verità sul Trapianto d'organi

 

 

 

 

UN NUOVO CONCETTO DI MORTE

Fino al 1968 «la certificazione di morte poggiava sul tradizionale criterio di arresto irreversibile cardiocircolatorio: non si poteva togliere un cuore battente ad un donatore senza incorrere nel reato di omicidio volontario». […]

 

In seguito al primo trapianto di cuore avvenuto nel 1967 in sud Africa, «il mondo scientifico aveva a disposizione due opzioni: condannare l’espianto del cuore battente come inammissibile sul piano morale e legale perché mortale per il donatore o cambiare la definizione di morte»[1].

 

«Con l’introduzione del concetto di morte cerebrale=morte totale, i medici cambiano di ruolo. Essi certificano qualche cosa di nuovo e di stupefacente: esistono dei cadaveri che hanno il cuore e la circolazione perfettamente funzionante, una efficiente funzione respiratoria, seppur supportata da apparecchiature, normali funzioni renali ed epatiche nonché digerenti; essi possono addirittura, se debitamente assistiti, portare a termine delle gravidanze.

Che i cadaveri possano mantenere tutte queste mirabili funzioni non è solamente contrario al buon senso, ma ontologicamente falso.

La comunità scientifica medica ha, di fatto, forzato la mano al legislatore, appropriandosi di un ruolo che non le compete: è passata dall’attestare l’avvenuta morte a stabilire il momento del trapasso, utilizzando tecnicismi “esoterici”, nel senso di difficilmente valutabili da non addetti ai lavori»[2].

 

Ma perché la comunità scientifica internazionale ha voluto imporre un concetto nuovo di “morte”?

Lo dichiararono testualmente i sostenitori di Christiaan Neethling Barnard (1922-2001) cardiochirurgo sudafricano che effettuò il primo omotrapianto cardiaco della storia: «Criteri “obsoleti” di definizione di morte possono portare controversie nell’ottenere organi a fine di trapianto».

In altre parole, ridefinire la morte è strumentale allo sdoganamento di un commercio di organi che, sotto la veste di umanitarismo, riduce l’uomo ad una macchina di carne che si può smontare, riciclare, assemblare e sopprimere a piacimento. La vita dell’uomo viene così sacrificata sull’altare del progresso scientifico costruito sui cadaveri di tutti quegli uomini, donne e bambini che sono stati letteralmente ammazzati per prendere i loro organi “freschi” al fine di allungare, per un po’, la vita di altri.

Una sorta di frankensteinismo evoluto che però non utilizza i morti per creare la vita, cosa di per sé impossibile, ma uccide i vivi per impadronirsi della vita. In questo modo lo scientismo, che non è scienza, ma religione della scienza trasforma i membri della comunità medico-scientifica in oscuri taumaturghi che si arrogano il potere di vita e di morte, attribuendo a se stessi quelle che sono le prerogative di Dio.

«La teoria che supporta il concetto della “diagnosi di morte cerebrale=morte totale” poggia sull’idea che il cervello sia dotato di una funzione coordinatrice globale dell’essere vivente; persa tale caratteristica, l’organismo è destinato ad evolvere in una sorta di caotica e letale dissincronizzazione funzionale.

Che tale concetto sia erroneo è stato dimostrato da studi osservazionali e da testimonianze di casi clinici sopravvissuti per anni, seppur assistiti, ai criteri diagnostici di “morte cerebrale”[3]».

QUELLO CHE CI DICONO

​

1. La morte cerebrale equivale alla morte totale dell’individuo;

2. Quindi, una persona in stato di “morte cerebrale” è morta;

3. Gli organi si possono espiantare da quella persona perché sarebbe

“irreversibilmente morta” (anche se ancora respira e il cuore batte…);

4. Una persona in stato di “morte cerebrale” viene “tenuta in vita” artificialmente dalle macchine e solo quando queste vengono staccate allora è “veramente morta”: prima non lo sarebbe stata veramente, o non completamente;

 

​

DOMANDA: Ma cos’è la «MORTE CEREBRALE»?

Analisi: La comunità scientifica internazionale non è d’accordo sulle condizioni e i criteri che determinano concretamente la cosiddetta «morte cerebrale»; per cui una persona può essere considerata “morta” in una nazione e “viva” in un’altra;

 

Risposta: In realtà nessuno sa dare una spiegazione rigorosamente scientifica di cosa sia veramente la «morte cerebrale», giacché non è un fenomeno osservabile né, tantomeno, dimostrabile scientificamente ma un mero postulato ideologico, soggetto a variazione a seconda dei criteri stabiliti dalle commissioni mediche che negli ultimi anni sono cambiati decine di volte e che, comunque, variano da stato a stato;

 

DOMANDE:

  • Quand’è che una persona non è ancora del tutto morta ed è ancora in vita?

  • Com’è possibile essere allo stesso morti e non morti?

  • Quand’è che una persona è più morta che viva o più viva che morta?

  • Qual è il confine reale, e non convenzionale, o approssimativo, o ipotetico fra la morte e la vita?

  • Chi stabilisce questo confine?

  • Chi stabilisce quando una vita non sia più degna di essere vissuta?

QUELLO CHE NON CI DICONO:

  1. C’è un elevatissimo numero di cosiddetti “morti cerebralmente” o giudicati allo stato vegetativo che si sono ripresi anche dopo anni di coma;

  2. C’è un numero ancora maggiore di persone che dimostrano di saper comunicare pur essendo stata diagnosticata la morte del tronco encefalico;

  3. Quando una persona giudicata “morta” dal punto di vista cerebrale viene sottoposta all’espianto degli organi vitali contestualmente viene sottoposta a delle iniezioni anestetiche;

DOMANDA:

Perché fare l’anestesia ad un “morto”? Perché preoccuparsi di non far provare dolore ad un “morto”?

 

RISPOSTA:

Perché già da anni è stato osservato che, alle persone giudicate morte e sottoposte all’intervento di espianto, aumentava la sudorazione corporea, si accelerava il battito cardiaco, addirittura gli occhi producevano lacrimazione, non di rado i muscoli si irrigidivano. Si sono verificati casi in cui il “morto” sotto operazione di espianto, ha afferrato la mano del chirurgo che gli stava aprendo il torace. Tutte queste reazioni sono state debitamente e prontamente occultate, ed ora prevenute con la somministrazione di anestetici. La veridicità di tali effetti vitali, segno più di vita che di morte della persona, provengono dalle testimonianze oculari di medici e infermieri.

ANCORA DOMANDE...

- Come può il corpo di una donna “morta” portare avanti una gravidanza?

- Come può il corpo di una donna “morta” produrre il latte per il bambino gestato e nutrito nel suo grembo mentre era “morta”?

- Come può un corpo “morto” guarire le proprie ferite, combatterne le infezioni e rimarginare i tessuti che, qualora fossero veramente morti, andrebbero in necrosi e decomposizione?

 

In altre parole tutto il tema della «morte cerebrale» si regge su questo sofisma: poiché lo stato di «morte cerebrale» è altamente probabile – o certo – che sfocerà nella morte biologica completa dell’organismo, intesa secondo i canoni classici (completo e permanente arresto cardo-circolatorio), allora, forti di questa certezza possiamo trattare come se fosse già morto colui che è ormai sicuramente prossimo alla morte.

La certezza che certi stati di grave compromissione e patologia dell’encefalo attivino un processo che culminerà con la morte, si ritiene che autorizzi a trattare l’agonizzante come un morto: va, però, notato che, anche qualora questa certezza fosse davvero tale, rimarrebbe vero che è illecito confondere il processo che sfocerà nella morte, con la morte stessa”.

Il processo che conduce, fosse anche irreversibilmente, alla morte si chiama «agonia» e suppone la vita.

 

 

Fonti:

- http://www.churchmilitant.com/news/article/harvesting-organs-human-trafficking-and-killing-for-cash

- QUADERNI DI SAN RAFFAELE: Organo dell' A.C.I.M. (Associazione Cattolica Infermieri Medici)

 

​

[1] Associazione Cattolica degli Infermieri e dei Medici, Quaderni di San Raffaele, n. 9 maggio 2013, p. 2.

 

[2] Ibidem, p. 3.

 

[3] Ibidem, p. 5.

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