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Le Messe di Suffragio per i defunti

Che cos’è il Purgatorio?

Il Purgatorio è il patimento temporaneo

della privazione di Dio, e di altre pene che

tolgono dall’anima ogni resto di peccato

per renderla degna di vedere Dio.

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Possiamo noi soccorrere

e anche liberare le anime

dalle pene del Purgatorio?

Noi possiamo soccorrere e anche liberare

le anime dalle pene del Purgatorio con i

suffragi, ossia con preghiere, indulgenze, elemosine e altre opere buone, e soprattutto con la Santa Messa.

(Catechismo di san Pio X nn. 101-102)

Il Purgatorio è una realtà di fede attestata dalla Sacra Scrittura, confermata dalla catechesi dei Padri della Chiesa, definita dal Magistero Infallibile della Chiesa e creduta ininterrottamente dai cristiani fin dall’era apostolica. La fede nella sua esistenza è attestata da numerosi reperti di archeologia paleocristiana, fra questi molte sono le testimonianze (lapidi, epigrafi, tombe ecc.) riguardo alla prassi di suffragare le anime dei defunti specialmente offrendo il Sacrificio eucaristico.

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“S. Agostino, a proposito delle Messe di suffragio, cita l’autorità e la consuetudine della Chiesa universale: «…Non parva est universae ecclesiae quae in hac consuetudine claret auctoritas, ubi in precibus sacerdotis, quae Domino Deo ad eius altare funduntur, locum suum habet etiam commemoratio mortuorum» (De cura pro mortuis gerenda, c. 1, n. 3, PL 40, 593).

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[…] “Sono numerosi gli episodi storicamente documentati che dimostrano la realtà dell’intercessione delle anime purganti, di cui Dio si serve anche per soccorrere individui e famiglie in situazioni imbarazzanti, svelando così il mistero di sogni, apparizioni e interventi sensibili altamente provvidenziali, che nulla hanno a che vedere con fenomeni di parapsicologia”.

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(E. ZOFFOLI, Vita futura e dogma del Purgatorio, Edizioni Segno, Roma, 1995)

Le Messe Gregoriane

A S. Gregorio Magno risale la pratica tradizionale delle trenta messe di suffragio, dette appunto gregoriane. Autorevole quanto illuminante la storia della sua origine, narrata dallo stesso Santo:

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"Nel suo monastero un certo Giusto, farmacista e suo infermiere, poco tempo prima di morire, fece sapere a suo fratello Copioso di possedere segretamente tre monete d’oro. Venutosi a scoprire dagli altri monaci, il fatto fu riferito al Santo, che ne soffrì molto per la trasgressione della Regola che vietava ai religiosi la proprietà di qualsiasi cosa.

Gregorio allora cominciò a pensare come potesse far ravvedere Giusto e dare a tutti una lezione esemplare. Chiamò a sé Prezioso, superiore della comunità, e gli comandò: «Và! Nessuno visiti il moribondo e lo conforti. Se poi egli chiederà l’assistenza di qualcuno, suo fratello Copioso gli dica pure che i monaci hanno biasimato il suo operato, e che almeno in punto di morte si ravveda, essendosi egli appropriato di quelle monete. Dopo la sua morte, il suo cadavere non si seppellisca insieme con quelli dei confratelli, ma si deponga nella fossa scavata nel letamaio. Sul suo corpo, quindi, si gettino le tre monete d’oro gridando in coro: “Il tuo denaro sia con te in perdizione!” (At 8,20). Poi si seppellisca».

I monaci si comportarono come Gregorio aveva ordinato, e Copioso spiegò tutto al fratello morente, che prima di spirare si ravvide…L’accaduto servì di esempio a tutti, vivamente impressionati dalle parole del Santo.

Ora, essendo passati trenta giorni dalla morte di Giusto, Gregorio pensò come potesse suffragarne l’anima; ciò che confidò anche al superiore del

monastero, al quale disse: «Va’ e da oggi stesso fa celebrare una Messa per trenta giorni consecutivi per il defunto!».

Tutto fu eseguito. Ora, pensando ad altro, continua il Santo, e passando i giorni senza avvertirne il numero, una notte il defunto apparve al fratello Copioso, che chiese a Giusto cosa fosse accaduto. «Finora – rispose – sono stato male, ma ora sto bene, perché oggi sono passato alla vita eterna!».

Copioso riferì tutto ai monaci che, calcolando il numero dei giorni, constatarono che la trentesima delle Messe ordinate era stata celebrata. Ora né Copioso sapeva nulla di queste Messe, né i monaci erano informati della visione avuta da Copioso, risultando perciò la piena coincidenza della visione di questi e delle Messe celebrate: «…Concordante simul visione et Sacrificio, res aperte claruit, quia frater qui defunctus fuerat per salutarem Hostiam evasit supplicium» (Dial. IV, 55, PL 77, 420s)".

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Il Santo morì nel 604 e il successore, Gregorio III, dopo più di un secolo, (c. 732), scrivendo al vescovo S. Bonifacio, conferma la tradizione della Chiesa, solita a celebrare delle Messe in suffragio dei defunti: «Sancta sic tenet Ecclesia, ut quisque pro suis mortuis vere christianis offerat oblationes (…); sacerdos pro mortuis catholicis memoriam faciat et intercedat…» (Magna nos habuit, D-S 583).

Il Magistero Infallibile della Chiesa e il Purgatorio

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Egualmente esplicito Innocenzo II († 1143) in una lettera al vescovo di Cremona: «…In ecclesia tua iuges preces hostiasque Deo offerri iubeas pro presbytero memorato» (Apostolicam Sedem, D-S 741).

Nella professione di fede proposta da INNOCENZO III ai Valdesi la dottrina cattolica emerge in modo non meno categorico: «…Eleemosynas (et) sacrificium ceteraque beneficia fidelibus posse prodesse defunctis credimus…» (Ep. Eius exemplo, 18.12.1208, D-S 741).

Seguono le solenni dichiarazioni dei tre Concili ecumenici: il II di Lione, di Firenze, di Trento.

A Lione abbiamo la professione di fede dell’imperatore Michele Paleologo, sotto Gregorio X. Riferendosi ai fedeli morti nella pace di Cristo prima di far penitenza dei peccati commessi […].

Al Concilio di Firenze nel decreto per i Greci si ripetono quasi le medesime espressioni (D-S 1304).

A Trento, contro i Protestanti, si dichiara che la Messa non giova soltanto ai viventi, ma anche ai defunti secondo la tradizione apostolica: «…sed et pro defunctis in Christo, nondum ad plenum purgatis, rite iuxta Apostolorum traditionem offertur» (D-S 1743. Cf. iv., 1753,1820).

I defunti sono suffragati dai meriti della preghiera, dell’elemosina e di ogni opera buona dei fedeli; ma quei meriti, scaturiti dall’unica fonte dell’Immolazione del Calvario, sono applicati per la partecipazione dei medesimi al Sacrificio eucaristico, sul quale i documenti del magistero giustamente insistono.

Il Dottore Angelico e i suffragi per i defunti

«I suffragi dei vivi giovano ai morti in quanto gli uni e gli altri sono tra loro uniti per mezzo della carità, e in quanto l’intenzione dei primi è indirizzata ai defunti».

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«Perciò quelle opere che cementano la carità o dirigono l’intenzione di uno verso l’altro sono per loro natura più efficaci a suffragare i defunti. Ora lo strumento più efficace per la carità è il Sacramento dell’Eucaristia, perché è il sacramento dell’unità della Chiesa, in quanto contiene colui nel quale tutta la Chiesa è unita e compaginata, cioè Cristo».

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«Perciò l’Eucaristia è come la fonte e il vincolo della carità».

«Invece tra gli effetti principali della carità primeggia l’elemosina. Ecco perché dal punto di vista della carità questi sono i suffragi principali per i defunti: il Sacrificio della Chiesa e l’elemosina. Dal punto di vista poi della disponibilità dell’intenzione il principale suffragio per i morti è la preghiera; perché la preghiera di sua natura non solo dice rapporto con chi prega, come le altre opere, ma si riferisce anche più direttamente alle persone per cui si prega».

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«Ecco perché queste tre cose sono ritenute come i suffragi principali per i defunti; benché si debba credere che qualunque altra opera buona fatta nella carità possa loro giovare».

(S.Th., Suppl., q. 9-71, a. 9).

Infine, al riguardo, possiamo formulare due conclusioni:

  1. È dogma di fede che i vivi possono e devono suffragare i defunti…

  2. È teologicamente certo che i defunti possono pregare per noi. Essi infatti conoscono le nostre persone, i nostri problemi. Dio non può non illuminarle, se è certo che la morte non spezza i vincoli di amicizia, di parentela, di gratitudine, di partecipazione alla vita della Chiesa, alle necessità delle anime…Si tratta di vincoli resi anche più profondi e tenaci dalla crescente purificazione delle virtù teologali e morali, con la conseguente eliminazione di ogni traccia di egoismo, che in vita ha potuto inquinare o raffreddare gli affetti…

 

(E. ZOFFOLI, Vita futura e dogma del Purgatorio, Edizioni Segno, Roma, 1995, pp.163-165,167)

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